Dalla condivisione alla crescita della relazione con il donatore: breve vademecum

Trovare i donatori è il vero pallino di ogni organizzazione non profit che investe nella raccolta fondi, e quindi di ogni fundraiser, sia esso dipendente o consulente. Le difficoltà sono sempre tante e le resistenze e le sfide vengono la maggior parte delle volte dall’interno dell’organizzazione, prima ancora che dal contesto esterno.

Sappiamo che la parola fundraising significa “coltivare il terreno fertile delle relazioni” piuttosto che “raccogliere fondi”. E su questo siamo tutti d’accordo… almeno noi fundraiser!

Da dove le possiamo prendere queste relazioni da coltivare? Dove si trovano? Come intercettarle?

È stato ampliamente spiegato che i fundraiser non sono “venditori”. Non siamo dunque noi ad avere un “pacchetto clienti” da portare in dotazione all’organizzazione. È quest’ultima piuttosto che coltiva delle relazioni fiduciarie con i propri stakeholder (portatori d’interesse) e con tutti i membri della community di riferimento. Riesce così, attraverso il nostro sapiente operato, a coinvolgere i potenziali donatori al punto tale da arrivare ad agire in favore e, auspicabilmente, insieme all’organizzazione stessa, attraverso lo strumento del dono.

Quindi, posto che:

  • per giungere alla donazione occorre partire dalla cura delle relazioni
  • tali relazioni non vengono dall’esclusivo bagaglio di rapporti personali del fundraiser
  • succede solo nel mondo dei sogni che una piccola o media organizzazione che decide di affacciarsi al fundraising abbia già un proprio database di anagrafiche pronte all’uso

da dove si comincia per cercare le relazioni da coltivare?

La risposta, inevitabile quanto controversa, è: da tutti i membri dell’organizzazione, a partire da quelli più impegnati in essa, ovvero membri del CdA, dipendenti, volontari, donatori…

A dirla tutta, nel manuale del bravo fundraiser ci viene fornito anche lo strumento adatto a definire i contatti più interessanti in termini di fundraising: la Mappatura delle relazioni, che, unita ad altri strumenti di “misurazione” del valore dei nostri stakeholder, tipo il CAI Model, potrebbero aiutarci a tracciare in maniera efficace e concreta la nostra via verso i donatori. Qui però il condizionale diventa d’obbligo.

Nella nostra esperienza da fundraiser, infatti, questi semplici ed efficaci strumenti, diventano di ardua applicazione, perché profondamente osteggiati dai componenti stessi dell’organizzazione, spessissimo a partire dallo stesso CdA. Avete mai provato a chiedere ai consiglieri, soci, volontari, dipendenti, donatori, simpatizzanti della vostra organizzazione di condividere le proprie relazioni personali, mettendole a disposizione del fundraiser di turno, in modo che questi possa valorizzarle, curarle, accrescerle a buon pro dell’organizzazione stessa?

Nella grandissima maggioranza dei casi, è uno dei passaggi culturali più ardui da affrontare quando si vuole avviare il fundraising all’interno di un ente, di qualsiasi tipologia esso sia.

Ecco allora il nostro piccolo Vademecum per trovare i donatori

4 mosse da evitare:

  • Non è mai il fundraiser, men che meno se consulente, che trova il donatore, ma è tutta l’organizzazione. Il fundraiser è un facilitatore in questo processo. Il che non vuol dire che il rapporto personale donatore – fundraiser non sia importante, ma vuol dire che attraverso il fundraiser il donatore deve incontrare l’organizzazione, le sue storie, i suoi progetti, i suoi beneficiari;
  • Il donatore non viene dal nulla… soprattutto per le piccole organizzazioni territoriali: è fondamentale lavorare su un’approfondita mappatura delle relazioni e sulla loro condivisione all’interno dell’organizzazione;
  • Più il donatore è grande, maggiore deve essere la condivisione delle relazioni: non si può pensare di lavorare con dei major donors (soprattutto aziende ma anche fondazioni e individui) partendo da contatti freddi, a meno che non si ha un budget consistente da investire in liste profilatissime;
  • È impossibile conoscere i donatori se non si ha un buon database su cui registrare puntualmente i loro dati, soprattutto quelli relativi allo sviluppo della relazione.
 

E 4 consigli da seguire:

  • Anagrafiche, anagrafiche e ancora anagrafiche: se non abbiamo budget adeguati per acquistare liste profilate, moltiplichiamo le occasioni di contatto on line e off line… a volte anche la ricevuta ad un banchetto di una campagna di piazza, se redatta con le dovute accortezze, diventa una preziosa fonte di informazioni!
  • Acquisire un nuovo donatore è in media 7 volte più difficoltoso che fidelizzare un donatore già acquisito;
  • Il mantra di ogni fundraiser è “ottenere, rinnovare, aumentare”: facciamo scalare la piramide ai nostri donatori!
  • Le persone aiutano persone che aiutano altre persone: ricordiamoci sempre che la donazione è una azione e, in quanto tale, ha bisogno di forti emozioni che conducano il potenziale donatore a decidere. E per suscitare le emozioni abbiamo un potentissimo strumento: lo storytelling… ma qui si apre un nuovo importantissimo capitolo… e ne parleremo nelle prossime settimane!

 

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Se vuoi avere informazioni più approfondite sulla Mappatura delle relazioni e il Cai Model contattaci!

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In sintesi

Per chi

a quanti operano in associazioni, fondazioni, cooperative sociali, imprese sociali e in generale in organizzazioni non profit in qualità di dirigenti, responsabili, collaboratori, volontari

Quando

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